La città di Subotica, nel nord della Serbia, è il centro abitato più vicino al confine con l’Ungheria, che rappresenta una delle porte d’ingresso nell’Unione europea per gran parte dei migranti e dei profughi provenienti dalla cosiddetta “rotta balcanica”. A pochi chilometri di distanza dalla città sorge uno dei nuovi “muri” costruiti a difesa delle frontiere esterne dell’Unione, eretto a partire dall’estate del 2015 dal governo conservatore del primo ministro ungherese Viktor Orbán, all’indomani della crisi migratoria che ha interessato l’Europa a seguito delle ondate di rifugiati scappati dalla guerra civile in Siria, ma anche dall’Afghanistan, dall’Iraq, dal Pakistan e da altri Paesi del Medio Oriente.
Nel corso di quell’anno sono stati, infatti, più di 850.000 i richiedenti asilo approdati sulle coste greche, molti dei quali sono poi transitati attraverso la Bulgaria, la Macedonia del Nord, la Croazia e la Serbia per giungere al confine con l’Ungheria, primo Paese dell’“area Schengen”, e da lì proseguire verso la Germania e altri Paesi del Nord Europa, come la Svezia. Nello stesso anno, secondo un rapporto del Pew Research Center, l’Ungheria ha ricevuto il numero più alto di domande di asilo in relazione alla popolazione totale: 1.770 richieste ogni 100.000 abitanti.
Per arginare questo flusso imponente di migranti che ogni giorno cercavano in migliaia di oltrepassare illegalmente la frontiera, nel luglio 2015 il Parlamento ungherese ha adottato una serie di misure restrittive che, oltre a limitare il diritto di asilo, hanno dato il via libera alla costruzione di una recinzione di metallo e filo spinato che corresse lungo i 175 Km del confine tra Serbia e Ungheria, ostacolando con una solida barriera fisica il transito dei profughi. Terminata nel mese di settembre, questa prima recinzione è stata poi affiancata da una seconda barriera, alta 4 metri e dotata di sensori elettrificati, la cui erezione è stata completata nel marzo 2017. Il governo ungherese ha, inoltre, creato un’apposita divisione della polizia nazionale, i “Cacciatori di frontiera”, con il compito di intercettare e bloccare i migranti che tentano di attraversare il confine in modo irregolare.
Insieme alle recinzioni sono apparse anche le cosiddette “zone di transito” per i richiedenti asilo, di fatto veri e propri campi profughi dove i migranti sono trattenuti in attesa di poter presentare domanda di protezione internazionale. Una di queste si estende proprio nel territorio di Subotica, appena fuori dal centro abitato, intorno al “reception center” di Kanjiza. Qui le autorità serbe forniscono acqua, servizi igienici e presidio medico, ma poiché chi si registra nel campo è soggetto ad una sorta di detenzione coatta, la maggior parte dei rifugiati di passaggio verso la frontiera preferisce accamparsi nei boschi circostanti la città, in quelle che vengono chiamate “the jungles”: piccole tendopoli create con teli impermeabili, giacigli di fortuna e cucine improvvisate.
Sempre nelle vicinanze di Subotica sorge un altro importante luogo di transito per i migranti diretti al confine con l’Ungheria: si tratta di Ciglana, una grande area fatiscente che si sviluppa intorno a una ex fabbrica di mattoni, dove i profughi – soprattutto siriani, afghani e pakistani – si fermano in genere uno o due giorni, per poi tentare di passare illegalmente la frontiera, tagliando il reticolato o attraversando la vicina ferrovia. Un luogo dimenticato da tutti – dal governo serbo così come dalle autorità locali – dove, a parte qualche bagno chimico e una doccia, manca ogni tipo di servizio (acqua potabile, luce, cibo) e le condizioni di vita sono terribili.
Il 14 maggio 2020 la Corte di giustizia europea ha dichiarato illegali le “zone di transito” al confine tra Serbia e Ungheria, esplicitamente definite come una forma di detenzione arbitraria. A seguito di tale sentenza, il governo ungherese ha di fatto eliminato i campi profughi alle frontiere, proponendo una riforma del sistema di asilo che prevede che le domande di protezione internazionale possano essere presentate solo presso le ambasciate ungheresi all’estero. Chiunque arrivi nel Paese viene, dunque, immediatamente respinto, nonostante a partire già dal 2016, dopo la costruzione della prima recinzione e l’accordo sui migranti firmato nel marzo di quell’anno tra l’Unione europea e la Turchia, il numero dei richiedenti asilo che transitano lungo la “rotta balcanica” sia notevolmente diminuito.
Nel 2020 le domande di asilo registrate dalle autorità ungheresi sono state, infatti, appena 84 contro le 29.432 del 2016. La drastica riduzione delle richieste di protezione internazionale non ha, tuttavia, fermato i respingimenti alle frontiere: secondo un rapporto dell’ong Hungarian Helsinki Committee, tra il gennaio e l’aprile 2020 sono stati ben 5.436 i cosiddetti “pushbacks” (letteralmente “spingere indietro”) e 1.727 i tentativi da parte dei migranti di attraversare il confine senza autorizzazione.
A dicembre 2020, dalla corte di Lussemburgo è arrivata una seconda sentenza contro il governo ungherese, che continua a non rispettare gli obblighi internazionali in materia di asilo, rimpatriando in modo illegale i cittadini di Stati extracomunitari. Le infrastrutture di sorveglianza al confine con la Serbia sono state, anzi, ulteriormente rafforzate con l’impiego di elicotteri e altri mezzi aerei per pattugliare la frontiera. La polizia ungherese è, inoltre, accusata di ricorrere a respingimenti coatti, sevizie e abusi nei confronti dei richiedenti asilo, come riportano organizzazioni internazionali quali l’UNHCR e l’ong Human rights watch.
I muri invisibili che impediscono ai migranti di varcare i confini dell’Unione europea sono fatti soprattutto di brutalità e di violenza.
“In transito” – Racconto e fotografie di Melting Pot Europa dai campi rifugiati di Subotica e Kanjiža, al confine tra Serbia e Ungheria (28 agosto 2015):
“Migranti al confine tra Serbia e Ungheria” (servizio di Repubblica del 16 settembre 2015):
“Ungheria: completato il muro anti-immigrati al confine serbo” (reportage di RaiNews del 15 settembre 2015):
“L’Ungheria costruisce un secondo muro al confine con la Serbia” (servizio di Euronews del 27 febbraio 2017):
“Il muro ungherese alle porte dell’Europa” (reportage di Internazionale del 23 maggio 2018): https://www.internazionale.it/video/2018/05/23/muro-ungherese-porte-europa
“Confine Serbia-Ungheria: una nave dragamine pattuglia il fiume Tisza per fermare i migranti” (servizio di Euronews del 24 gennaio 2020):