Quale ambiente per l’Europa?

Percoso a cura di Elena Davigo

L’emergenza posta dai cambiamenti climatici rende oggi la questione ambientale di estrema attualità. Il tema del climate change è oggetto di negoziati internazionali, così come di politiche comunitarie e nazionali; contestualmente esso è all’origine di movimenti sociali forti e diffusi quali Fridays for future o Extinction Rebellion. Finanche la Santa sede non ha potuto esimersi dal prendere parte al dibattito, tanto che al tema ecologico papa Francesco ha dedicato la nota enciclica Laudato sì.

D’altro canto l’interesse di uomini e donne per la tutela dell’ambiente non nasce oggi e non è sempre stato legato al problema del riscaldamento globale. Scopo di questo percorso è pertanto quella di offrire una prospettiva storica e problematica, mostrando come nel corso del Novecento diversi attori politici e sociali abbiano guardato all’ambiente e alla sua tutela, producendo discorsi differenti e persino in conflitto gli uni rispetto agli altri.

Punto di partenza di questo viaggio nel tempo è il primo Novecento, periodo caratterizzato dall’emergere di un ambientalismo detto protezionista, volto a tutelare l’integrità della flora e della fauna in un contesto di sviluppo industriale e di rapida trasformazione del paesaggio. Protagonisti in questa fase furono ristrette elites economiche e culturali, tese verso la preservazione di una natura incontaminata e di un ambiente inteso come wilderness.

I fascismi, emersi in Europa a partire dagli anni venti del Novecento, furono caratterizzati da un rapporto contradditorio verso l’ambiente e la sua tutela. Il richiamo a un mondo contadino ancestrale e incontaminato, il ritorno alla terra, erano solo un piccolo  ingranaggio di ideologie autoritarie tese alla repressione e al consenso.

Il nostro viaggio prosegue attraverso il secondo dopoguerra e prevede una tappa nella Svizzera del 1961, anno di nascita del Wwf, associazione che riprese i propositi conservazionisti dell’ambientalismo di inizio secolo, introducendo allo stesso tempo importanti novità, quali la tensione verso un coordinamento internazionale delle rivendicazioni e l’affermazione del carattere globale della questione ambientale. D’altra parte questo tipo di ambientalismo era ancora appannaggio di gruppi ristretti, lungi dall’essere un’ideale diffuso e condiviso. L’avvento della società dei consumi, il benessere che ne derivò, non permettevano infatti il diffondersi di una critica al modello di sviluppo allora vigente.

Una svolta si ebbe a partire dal decennio ‘70,  quando si impose per la prima volta a livello globale la questione della scarsità delle risorse. Il 1972 fu l’anno della pubblicazione del Rapporto sui limiti dello sviluppo da parte del Club di Roma, secondo il quale per preservare l’ecosistema dal collasso era necessario arrestare il processo di crescita industriale e agricola in tempi brevi. Il tema della scarsità delle risorse si impose contestualmente in occasione della crisi petrolifera del ‘72-73. Questi due eventi ebbero una risonanza internazionale e segnano il passaggio da un ambiente inteso come paesaggio a un ambiente inteso come risorsa (acqua, aria, suolo). Per la prima volta inoltre era inoltre messa in discussione l’idea di una crescita incondizionata.

Nello stesso periodo si tenne  a Stoccolma la prima conferenza Onu sull’ambiente umano. che marcò il passaggio da una tutela della natura – fauna e flora – considerata a prescindere dall’intervento umano, alla salvaguardia di un ambiente antropicamente inteso, la lotta all’inquinamento si coniugò quindi con quella per una migliore qualità di vita.

Gli anni Settanta furono altresì un periodo di affermazione della centralità politica, sociale ed economica della fabbrica, di cui venivano per la prima volta denunciati gli effetti nocivi sui corpi e sui territori. Valore periodizzante in questo contesto è da attribuire all’incidente di Seveso, località della Brianza dove nel 1976 esplose un reattore dello stabilimento chimico Icmesa, causando fuoriuscita di diossina, un gas fortemente tossico.

Gli anni Ottanta marcano infine una continuità con il decennio precedente. Si colloca in questo periodo la nascita  dei partiti verdi in Europa – qui rappresentata attraverso la fondazione dei Grünen tedeschi. Nello stesso periodo l’avvio della deindustrializzazione non eliminò, anzi rese più visibile le cicatrici su corpi e territori impresse da decenni di industrializzazione sfrenata. Esempio lampante fu il diffondersi dei movimenti di protesta contro l’amianto, la cui forza e diffusione crebbe proporzionalmente all’aumento di mesoteliomi legati all’inalazione della fibra.

Il nostro viaggio si conclude a Chernobyl, località Ucraina nota per l’incidente nucleare avvenuto nell’aprile ‘86. Questo evento catastrofico diede forte impulso ai movimenti antinuclearisti diffusisi nel continente nel corso degli anni precedenti, simboleggiati dalla celebre icona del sole che ride. La questione non fu d’altra parte chiusa in quella sede, ma destinata a ripresentarsi ciclicamente, tutt’oggi viva nel dibattito sul cambiamento climatico e sulla neutralità carbonica.