3. Bruxelles: dalla “crisi della sedia vuota” all’Atto unico europeo

Il processo di integrazione, dopo Parigi e Roma, conosce ulteriori fasi, di successi e insuccessi. Occorre sempre ricordare, infatti, che “l’Europa vive di crisi”, come abbiamo accennato nell’introduzione a questo percorso, il cammino europeo è costellato di accelerazioni e di stalli improvvisi che, non di rado, hanno fatto disperare anche i più strenui difensori dell’integrazione.

Bruxelles, capitale europea oggi nota per essere la sede della Commissione Europea e quella principale del Parlamento Europeo (che si riunisce anche a Strasburgo), è lo sfondo di importanti vertici di ministri e Capi di governo europei, di ‘incontri’, ma anche di ‘scontri’.

A metà degli Anni Sessanta, ad esempio, il francese De Gaulle manifesterà in modo decisamente energico la sua contrarietà ad una ulteriore cessione di sovranità da parte degli Stati membri e all’ingresso nella Comunità del Regno Unito, considerato una sorta di “cavallo di Troia” degli Stati Uniti (l’adesione britannica si realizzerà poi nel 1972, insieme con quella danese e irlandese, con il cosiddetto “primo allargamento”, per concludersi negli anni scorsi con il referendum sulla Brexit). Era il primo luglio del 1965 e Aldo Moro cominciava il suo semestre di presidente di turno della Comunità economica europea che sarebbe stato affondato dalla incrollabile resistenza del presidente francese nella trincea della sovranità nazionale: per sette mesi De Gaulle diserterà le riunioni del Consiglio europeo innescando quella che passerà alla storia come la “crisi della sedia vuota”.

È a Bruxelles che, nel 1965, viene firmato il Trattato sulla “fusione degli Esecutivi”, con l’istituzione di un Consiglio e di una Commissione unici per tutte e tre le Comunità (Ceca, Cee, Euratom); mentre nel 1975 viene istituita la Corte dei conti europea e il Parlamento ottiene il potere di respingere il bilancio comunitario.

Il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, a destra, con Franco Maria Malfatti, primo italiano chiamato a presiedere la Commissione CEE dal 1970 al 1972 (fonte della foto: Wikipedia).

 

Il 28 febbraio 1986, inoltre, viene sottoscritto, sempre a Bruxelles, l’Atto Unico Europeo al fine di eliminare tutte le “barriere” tra gli Stati e realizzare il mercato unico (spesso definito anche ‘mercato interno’ o ‘comune’) inteso come “spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”, ossia le “quattro libertà fondamentali” della Comunità europea. Esso entrò in vigore il primo luglio 1987. Al fine di attenuare gli effetti generali del processo di liberalizzazione del mercato interno, le competenze della Comunità furono estese a nuovi ambiti: ambiente, coesione sociale, ricerca e sviluppo tecnologico.

Si tratta di una tappa fondamentale del cammino verso l’Unione poiché si delinea chiaramente l’assetto giuridico di un mercato interno a carattere generale fondato sui Trattati e sulla giurisprudenza prodotta dalla Corte di Giustizia (ad esempio, in Italia, la Corte Costituzionale con la celebre sentenza Granital del 1984, ammette per la prima volta la prevalenza del ‘diritto europeo’ sul diritto nazionale e la possibilità, per il giudice, di disapplicare la norma interna in contrasto con quella comunitaria).

Con l’Atto Unico furono apportate alcune importanti modifiche anche al quadro istituzionale e decisionale della Comunità: innanzitutto l’Assemblea parlamentare, divenuta elettiva a partire dal 1976, assume la denominazione di Parlamento europeo ed amplia i suoi poteri, non più limitati alle sole prerogative ‘consultive’. Il suo primo presidente è stata Simone Veil, politica e giurista francese sopravvissuta all’Olocausto (da non confondere con la filosofa Simone Weil, morta alla giovane età di 34 anni).

Inoltre, in relazione alle questioni inerenti al mercato unico, viene introdotto il voto a maggioranza qualificata, superando la regola del voto all’unanimità che, in passato, aveva bloccato molteplici iniziative volte a rafforzare il processo di integrazione: l’unanimità, infatti, è raggiungibile solo a costo di accontentare tutti gli Stati, e dovendo concedere qualcosa a tutti, l’esito finale è quasi sempre un accordo al ribasso.

In questo modo si avviò l’adozione di quello che fu definito “nuovo approccio”, trasferendo ulteriori quote di sovranità dagli stati nazionali alle istituzioni comunitarie (il cosiddetto “metodo comunitario”, in opposizione a quello intergovernativo): furono eliminate le residue restrizioni alla circolazione dei capitali mentre per la libera circolazione delle persone bisognerà attendere la Convenzione di Schengen del 1990. Ma l’assetto politico del continente subisce una radicale trasformazione con la caduta del muro di Berlino nel 1989, la riunificazione tedesca nell’ottobre 1990 e l’implosione dell’Unione Sovietica nel dicembre 1991.