Abbiamo percorso un viaggio che dall’Italia alla Germania ci ha mostrato, anche se brevemente, come l’idea di una nuova Europa unita fosse tutt’altro che estranea nell’ideologia e nella propaganda dell’Asse.
In quest’ultima tappa vedremo un aspetto molto singolare, ma allo stesso modo interessante. Cioè vedremo come, a Parma, è stata diffusa l’idea di una nuova Europa durante la guerra. Lo faremo prendendo spunto da alcuni articoli pubblicati sulla Gazzetta di Parma nel corso del conflitto e che ci mostrano quanto, anche in una realtà locale, la costruzione di un nuovo continente fosse tutt’altro che marginale nel discorso politico pubblico e propagandistico.
Per esempio, nel settembre 1942, si definisce la guerra come un conflitto «di difesa e di liberazione che l’Europa unita combatte contro il mostro bolscevico [ed] è un fatto che ciascuno avverte decisivo di quest’epoca e dell’avvenire stesso» (Gazzetta di Parma, 15 settembre 1942, Tre film stranieri di carattere antibolscevico, p. 2). Un conflitto di difesa e di liberazione, cioè, da un nemico (il bolscevismo, ma anche le democrazie plutocratiche e il giudaismo) che vuole stritolare il continente per renderlo servo dei propri interessi. Una guerra necessaria, dunque, anche perché
Attraverso i dolori ed i pericoli della guerra nasce il nuovo ordinamento europeo. Sotto la guida dell’Italia e della Germania i popoli del Continente europeo occupano saldamente le loro posizioni, pronti a respingere ogni attacco dei loro nemici comuni, il bolscevismo ed i suoi alleati anglo-americani. Questa è appunto la premessa al nuovo ordine continentale. La Europa diventa unita perché ha i nemici comuni: da questo elemento sorgerà per essa un compito ricostruttivo e positivo. [… Lo] spirito europeo trasforma e pervade la missione dell’Asse nei riguardi dei popoli del Continente. La nuova Europa che uscirà dalla guerra deve costituire un organismo in cui si rispecchierà la visione politica sociale ed economica del ventesimo secolo» (Gazzetta di Parma, 29 giugno 1943, Asterischi, p. 4).
Un’unità fondata sul comune nemico da combattere per costruire un’Europa «rappacificata, unita nel lavoro e nella giustizia» (Gazzetta di Parma, 9 giugno 1943, “Per quali strade si vince”. Ettore Cozzani al Regio, p. 2), «economicamente indipendente e padrona del suo destino» (Gazzetta di Parma, 6 settembre 1944, Muzi F., Le armi della riscossa, p. 2), «senza ingerenze anglo-sassoni, dunque senza l’Inghilterra: i Paesi di razza latina avrebbero uno spazio ed un compito, secondo l’importanza e l’autorità che ognuno di essi sarà in grado di dimostrare» (Una nuova Italia fattore indispensabile dell’Europa, in Gazzetta di Parma, 17 marzo 1944, p. 1).
È nella guerra che si gioca il destino sul predominio del continente: «O la famiglia dei popoli europei rappresentati dalle loro più solide forme statali, od il colosso bolscevico. Il primo caso è possibile soltanto se la Germania che combatte non soltanto per sé ma per l’Europa intera, vincerà questa guerra». Perché la vittoria della Germania «significa la conservazione dell’Europa e la vittoria della Russia sovietica la sua distruzione». Infatti, se «il Reich venisse schiacciato, nessun altro Stato in Europa potrebbe opporre una efficace resistenza alla nuova ondata di Unni. E ciò si sa anche al Kremlino [sic]. Perciò nel caso di una vittoria russa i sovietici si propongono fin da ora di annientare, a mezzo del bolscevismo, la nazione germanica e questa è anche l’aperta mira del giudaismo internazionale. […] Alla fine di questa lotta, tuttavia, la vittoria sarà della Germania e perciò dell’Europa contro i suoi criminali attaccanti di occidente e di oriente. Ciò per ogni nazional-socialista non è soltanto il portato della propria fede, ma una certezza fondata sulla lotta finora sostenuta. I garanti di questa vittoria sono oggi non soltanto i soldati al fronte, ma anche i combattenti in Patria» (Il dilemma di Hitler all’Europa. La Germania e i suoi alleati vincono la guerra o la civiltà europea tramonterà sotto il bolscevismo, in Gazzetta di Parma, 1° febbraio 1944, pp. 1-2).
«Nel mondo nuovo risorgeranno la Germania, l’Italia e il Giappone in stretta collaborazione con gli altri popoli alleati, e potranno diffondervi le loro dottrine, il progresso civile destinato dalla Provvidenza a reggere le sorti dell’umanità. […] Le forze negatrici di ogni evoluzione sociale e politica dei popoli, lottano contro il diritto di libertà, di lavoro, di benessere delle nazioni giovani e diseredate. Ecco perché queste nazioni difendono l’Europa. Questi popoli hanno il dovere di essere uniti e pronti ad ogni sacrificio. Per proteggere il loro onore, la libertà, i propri tesori spirituali e materiali, tutti i popoli della nuova Europa, sono impegnati in questa implacabile lotta» (Parvis E.G., Difendere l’Europa, in Gazzetta di Parma, 31 maggio 1944, p. 2).
Ecco, con una breve carrellata di articoli riapparire gran parte della narrazione di una nuova Europa così come l’abbiamo vista nelle nostre tappe precedenti.
Il dramma della guerra lasciò in tutto il continente nient’altro che macerie e la consapevolezza che milioni di persone erano morte in un conflitto che appariva senza senso e impossibile da comprendere.
Le battaglie, i bombardamenti, le privazioni, la scoperta degli orrori dei campi di sterminio gettarono un’oscurità tremenda nei cuori di una umanità che era stata coinvolta per sei lunghissimi anni in una guerra totale, come non se ne erano mai viste nella storia dell’umanità.
Oltre a stigmatizzare quanto avvenuto, non poteva mancare il tentativo di dare un significato e un senso a quanto avvenuto. Non ci si poteva limitare alla condanna, perché era necessario ricostruire.
Ogni società lo fece a suo modo a seconda dell’esperienza che il proprio Paese aveva vissuto, subito o fatto subire agli altri popoli.
Ma una cosa era certa: se quel conflitto doveva avere un senso era perché fosse l’ultimo. Dalle macerie delle città europee e da tante vite spezzate nacque la consapevolezza che un’Europa nuova andasse fondata concretamente, come garanzia di pace e di collaborazione fra le nazioni.
Come si scrisse sulla Gazzetta di Parma il 27 aprile 1945, «Dalla totale distruzione del nazi-fascismo, dalla nobile fatica di tutti gli Italiani, la Patria sarà fatta veramente grande e rispettata, nella pace e nell’amichevole convivenza tra i popoli in una nuova Europa Democratica ed unita» (Gazzetta di Parma, 27 aprile 1945, Ai fratelli d’Emilia e di Romagna, a firma del Comitato Regionale di Liberazione Nazionale dell’Emilia e Romagna e Comando Unico Regionale del Corpo Volontari della Libertà, pp. 1-2).