Tutti per uno (titolo originale: A hard day’s night, regia di Richard Lester, prod: Walter Shenson Films, Proscenium Films, 1964, Gran Bretagna/Stati Uniti)
- Sinossi:
In costante fuga da un esercito di fan, i Beatles si recano da Liverpool a Londra per registrare un programma tv e un concerto. Vivranno pazze e anarchiche avventura innescate dalla loro vitalità irriverente, dalla scomparsa improvvisa di Ringo e dai guai combinati dal nonno di Paul (Wilfrid Brambell). Finiranno anche arrestati dalla polizia ma si ritroveranno in tempo per il concerto finale.
2. Quale idea di Europa?
Il fenomeno Beatles fu il segnale di un cambiamento non solo europeo ma globale, una rivoluzione culturale e sociale, premessa della rivolta mondiale del 1968. Tutti per uno rappresentò il barometro anticipatore di questo stravolgimento: con la sua libera anarchia, questo film travolse il cinema e la società britannica ed europea. Il Regno Unito era uscito dalla seconda guerra mondiale come potenza vincitrice ma ferita dai bombardamenti, con una crescita economica lenta, una situazione interna segnata ancora dall’austerity e da tensioni legate a conflitti razziali (si vedano gli scontri di Notting Hill del 1958) e con un impero in disfacimento. In questa situazione di crisi, l’Inghilterra vide però l’emergere di nuove voci e di una nuova scena culturale: dalla musica al teatro, i giovani arrabbiati si levarono contro una società in cui non si riconoscevano più e le false promesse del mondo nato a seguito dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. L’identità britannica venne ridefinita dal mito americano, dalle commedie teatrali di John Osborn e dal movimento del free cinema caratterizzato da opere di critica sui problemi quotidiani della classe operaia. A partire dai primi anni Sessanta però grazie a icone come James Bond e i Beatles, il mondo degli angry young men venne sostituito da un immaginario più frivolo e disincantato ma non per questo meno rivoluzionario. La band di Liverpool aveva già dimostrato con i suoi primi successi che il fenomeno beat non si esauriva nel contesto etereo della musica. Con i Beatles il look diventava una scelta di vita: il loro successo planetario permetteva a tutti quelli votati alla causa del rock di non sentirsi più dei membri di una setta, ma parte di un nuovo popolo. La nascita della categoria dei giovani coincideva anche con la nascita del merchandising. I film dei Beatles erano legati all’esigenza dell’industria dell’intrattenimento di sfruttare un fenomeno commerciale (che poteva rivelarsi effimero) ma allo stesso tempo furono in grado di imporre a un nuovo segmento di mercato, i giovani, un nuovo gusto, una moda e un immaginario. Come hanno sostenuto Iain Chambers e Paul Gilroy, la cultura popolare divenne la corsia preferenziale con cui le masse delle società occidentali divennero un soggetto storico individuale, spesso a discapito degli organi di rappresentazione istituzionale. I giovani dei primi anni Sessanta scelsero in maniera democratica ma non parlamentare i propri rappresentanti, i propri alter-ego: i Beatles. Imitare il loro abbigliamento e i loro atteggiamenti divenne un atto di politica culturale che raccolse i fermenti del decennio precedente: nell’Europa e negli Stati Uniti degli anni Sessanta il mondo giovanile si coagulò, coinvolgendo tutte le forme espressive e diventando prima di tutto un segno di appartenenza riconoscibile che superava la tradizionale dicotomia britannica tra conformismo tradizionalista e ruvida rivendicazione operaia. Inizialmente fu la televisione a segnare il percorso dei Beatles, attestandoli, come veri e propri iniziatori e creatori dell’epopea del divo moderno transmediale. Non a caso Tutti per uno moltiplicava ed esaltava gli schermi che apparivano all’interno dell’immagine cinematografica (televisivi, telecamere, schermetti, fotografie) mettendo al centro del film proprio il discorso metalinguistico che generava e nutriva la cultura pop. Come si è detto oltre ad essere un’operazione commerciale, l’esordio al cinema dei Beatles fu anche un vero e proprio fenomeno culturale: nelle parole di Richard Lester, il vero significato del film era “che non importava da dove venivi, come parlavi, com’era la tua cultura: se volevi uscir fuori e fare, potevi farlo”. Il regista descrisse così l’impatto della band: “i Beatles furono i primi a dare ai giovani del Paese una fiducia che portò alla scomparsa degli angry young men con il loro atteggiamento difensivo. I Beatles spedirono in orbita il problema delle classi: lo fecero fuori ridendo e, secondo me, introdussero un tono di uguaglianza con più forza di qualsiasi altro fattore singolo.” Se pensiamo solo al testo di A hard day’s night che include versi come “I’ve been working like a dog”, il tema del lavoro in fabbrica non viene declinato in una ballad operaia ma in un brano rock’n’roll sulla gioia di amare.
Il film venne finanziato dalla major americana United Artist con obbiettivi meramente commerciali ma per mantenere uno stile fresco venne affidato a Walter Shenson, un producer di film comici low budget. Dal punto di vista qualitativo e stilistico Tutti per uno rappresenta un momento di svolta: numerose scene vennero girate con tre camere simultaneamente per catturare la vitalità e le improvvisazioni dei Fab Four e il montaggio usa accelerazioni, jump-cut, zoomate a schiaffo e riprese aeree. Per tutto il film i Beatles sono in movimento, attraversano barriere che in teoria non possono attraversare e si travestono. La loro comicità anarcoide prevede inseguimenti con i poliziotti, scherzi al loro manager (chiamato addirittura swine, porco), al regista televisivo e a impostati business men in bombetta e giacca e cravatta. La realtà politica sembra entrare solo quando vengono arrestati e il nonno, in virtù delle sue origini irlandesi fa una parodia degli scioperi della fame dell’IRA. In realtà il ribellismo anarchico e antiautoritario dei Beatles è a sua volta una dichiarazione di politica rivoluzionaria. In una scena irrompono in uno studio televisivo in cui si registra un numero di tip tap e loro si mettono a disturbare i performer e poi iniziano a suonare le loro canzone; in un’altra fanno evadere Ringo dalla prigione. Il quartetto si rifugia dal mondo delle imposizioni degli adulti e dagli obblighi della fama in club e parchi e trova un insospettabile compagno di avventure nel vecchio nonnino che si dimostra folle e anticonvenzionale come loro e in un bambino, pure lui in fuga dal mondo delle imposizioni degli adulti. Il vero obbiettivo dei loro sberleffi sembra essere la generazione dei padri, quella che ha combattuto i nazisti (sbeffeggiati da John nella scena della vasca) e che perpetua il classismo tradizionalista della società britannica. I rapporti generazionali sono sovvertiti come quando dicono al vecchio che la sua generazione sta mandando il paese alla rovina e nella scena in cui il nonno consiglia a Ringo di non stare in casa chiuso a leggere ma di vivere la vita e uscire con le ragazze. Il batterista gli risponde con un saluto nazista. Le immagini sono in un bianco e nero grezzo, dinamico e vitale come se fosse un documentario con scene di slapstick e nonsense. Il paesaggio è costituito dalle rovine della guerra e da ambienti proletari ma non siamo più in un clima noir come ne Il terzo uomo, a dominare ora è la vitalità dei giovani di Liverpool. Hard day’s night era diverso da tutte le produzioni cinematografiche e musicali precedenti (si vedano i film con Elivs): raccoglieva l’eredità del free cinema, del cinéma verité e delle nuovelle vagues dando una concretezza svagata all’immaginario giovanile che proponeva di ribellarsi al mondo dei suoi padri. Tanti critici lo interpretarono come un prodotto superficiale e inconsistente senza rendersi conto della rivoluzione, cinematografica e sociale, che il fenomeno Beatles innescò. L’Europa mostrata da Tutti per uno è un’Europa dei consumi sedotta dal mito del rock’n’roll e dalla cultura americana, della subcultura giovanile che, attraverso la cultura popolare, si fa sentire con una voce ribelle ed euforica e si oppone alle generazioni precedenti; dal cambiamento culturale emergerà il desiderio di cambiamento politico che farà esplodere l’Europa nel 1968.
Bibliografia:
- Arcagni Simone, Cucco Paolo, Michelone Giudo, Il cinema dei Beatles, Falsopiano, 1998;
- Chambers Iain, Paul Gilroy, Hendrix, Hip-hop e l’interruzione del pensiero, Casta & Nolan, 1995;
- Ferdinando Fasce, La musica nel tempo: una storia dei Beatles, Einaudi, 2018.